Consigliamo la lettura di questo articolo riguardo alle modalità di rimborso delle spese in costanza di matrimonio, che abbiamo trovato tra gli ultimi post pubblicati sul blog dell’Avvocato Davide Cornalba.
Quando ci si sposa o si inizia a vivere insieme, si fanno grandi progetti per la vita insieme, poi, per molte coppie, la passione finisce dopo qualche anno. Un matrimonio o una convivenza naufraga, e ora ci sono solo discussioni, incomprensioni e talvolta debiti. Da un punto di vista economico, ci sono diverse questioni che devono essere risolte tra ex partner, anche in una coppia di fatto. Una delle domande più frequenti che si pongono le coppie in procinto di sciogliersi è: i conviventi hanno diritto al rimborso delle spese di alloggio quando si separano?
Quali possono essere le spese rimborsabili dopo il matrimonio?
L’Avvocato Davide Cornalba, come menzionato nel suo blog, indica dunque che queste possono essere spese correnti quando vengono utilizzate per eseguire la manutenzione ordinaria su una casa in cui i due conviventi convivono, oppure possono essere spese maggiori, come nel caso di lavori di ristrutturazione.
Quando si tratta della separazione di una coppia di fatto ci sono delle questioni particolari di cui tener conto. Se i costi sono stati l’onere di uno solo dei due ex conviventi, ma ne ha tratto beneficio un immobile che è di proprietà esclusiva dell’altro, quest’ultimo/a ne trarrà un vantaggio economico, tale da perdurare dopo la separazione.
Le spese fatte per il bene della famiglia, invece, non sono mai oggetto di rimborso.
Il regime del rimborso spese nel caso delle coppie di fatto
Anche le coppie conviventi, come ha più riprese chiarito l’Avvocato Davide Cornalba, hanno il dovere della solidarietà familiare, ossia il bisogno di prendersi cura l’uno dell’altro e di partecipare ai bisogni del proprio partner secondo le proprie capacità.
Non rientrano in tale ambito le spese di rilevante importo, come le spese di ristrutturazione di un’abitazione di proprietà di un anziano o un prestito per avviare un’attività imprenditoriale o professionale.
Al riguardo, la Suprema Corte d’Appello ha affermato che in materia di convivenza l’attribuzione di beni a favore di un convivente può configurarsi come esecuzione di un’obbligazione naturale ed è quindi non rimborsabile, anche se la prestazione è fattuale e coerente con la dimensione del patrimonio del pagatore e commisurata alla situazione sociale.
Se le spese sostenute soddisfano la capacità economica del portatore, non sono rimborsate.